
Ogni evento può essere visto da più prospettive. Si dice che, in fondo, gli incidenti visti da altre angolazioni possano divenire occasioni.
Gli incidenti capitano. Però. E a volte “ci” capitano.
E noi o chi amiamo siamo coinvolti in situazioni spiacevoli o traumatiche.
Quando siamo di fronte alla gravità delle cose, all’incertezza del nostro mondo e dei nostri rapporti, non c’è storiella che ci possa far pensare “Questa cosa ha un senso, ha un’utilità”.
Rabbia e vuoto si alternano. Punto.
A volte, a fatica o d’improvviso, riesce a farsi breccia un solo dubbio.
Forse la morale della storia non è che “ogni cosa ha un aspetto positivo”, e quindi che anche gli incidenti siano positivi o parte del grande disegno della nostra vita. Forse alla fine della storia, gli incidenti ci ricordano che ogni cosa non ha senso. Ogni cosa non ha senso. Il senso è nostro. A volte.
(Dan Millmann: “La via del guerriero di pace”)
Raccontino
Un vecchio contadino e suo figlio avevano una piccola fattoria e un unico cavallo per tirare l’aratro.
Un giorno, il cavallo scappò.
“Che disgrazia!” dissero i vicini “Che sfortuna!”
“Chissà se è sfortuna o fortuna” rispose il contadino.
Una settimana più tardi, il cavallo ritornò assieme a cinque puledri.
“Che fortuna!” dissero i vicini.
“Fortuna o sfortuna? Chissà” disse il contadino.
L’indomani il figlio, mentre tentava di domare uno dei cavalli, cadde e si ruppe una gamba.
“Terribile. Che sfortuna!”
Arrivarono degli ufficiali dell’esercito per arruolare i giovani e mandarli in guerra. Ma il figlio del contadino aveva una gamba rotta e non lo presero.
Era bene? Era male?
Su come vedere le cose leggi anche: Mente e Causalità