Onorare se stessi: obiettivi e motivatori interiori

Questo è uno dei periodi dell’anno in cui ci si riempie di buoni propositi e si fissano alcuni “obiettivi”. Voi i vostri obiettivi come ve li siete posti?
Vi riporto un breve frammento di cosa abbiamo fatto ieri al corso, per aiutarvi (se posso) ad evitare l’inevitabile, cioè che di qui a 2 mesi abbiate già abbandonato le vostre buone intenzioni 🙂
E quindi, per non ritrovarvi il prossimo anno a dovervi nuovamente porre gli stessi obiettivi, oggi parleremo non della definizione degli obiettivi, ma del nostro approccio con le mete che ci prefiggiamo.

onorare se stessi

Onora i tuoi obiettivi

Qui a MeLab affrontiamo il tema obiettivi in più modi: se come abbiamo visto ci sono dei modi e delle tecniche per definire i propri obiettivi, o per meglio gestire il proprio tempo, o per definire le proprie responsabilità, o per essere più efficienti… In questo periodo è meglio parlare di obiettivi in senso più ampio. Ve lo riporto perché, se seguite questi spunti di miglioramento, credo possa esser utile anche a voi. E così, ieri abbiamo lavorato sulle motivazioni che hanno spinto le persone ad iscriversi ad un laboratorio di miglioramento personale: perché vogliamo “migliorare”? Non è solo raggiungere una meta precisa e definita come “perdere 5 chilogrammi”, ma è un mettere in discussione se stessi (soprattutto si ci iscrive ad un corso in cui ci si occupa anche di consapevolezza, gestione delle emozioni e delle relazioni).
Seppur non sia un gruppo terapeutico, gli obiettivi, anche se lavorativi, sono spesso legati a sfere importanti di sé: come gestire meglio le emozioni con determinate persone, o in una specifica situazione; non caricarsi sempre di responsabilità; avere più sicurezza in se stessi; imparare a stare con se stessi…
Si ricerca non solo un risultato concreto, ma soprattutto un ordine in mezzo ad una confusione di fondo. È una ricerca non razionale, ma una ricerca di un senso più chiaro di sé nei propri contesti.
Il rischio è che, da soli, questa complessità interna sia interpretata come inutile confusione, malessere o personale difficoltà e, quindi, evitata perché faticosa, scoraggiante o da un rassegnato: “sono fatto così”.
Avere un contesto in cui aprirsi (nel senso proprio di mettere in uno spazio più ampio la propria interiorità che può essere così osservata) è importante. Come abbiamo detto, meglio trovare una guida in una persona che ci offra uno sguardo esterno, ma va bene anche tenere un diario. Meglio ancora se possiamo contare su di un gruppo (fisico o “virtuale”).

L’importanza del gruppo anche quando si è soli

Così ieri abbiamo fatto un bellissimo giro di gruppo parlando anche dei punti a cui ognuno era arrivato. Nei gruppi, quando si creano delle belle atmosfere, la restante parte del gruppo ti dà una mano, ti aiuta e ti motiva. Non siamo di quei gruppi del “Credi in te stesso e corri su carboni ardenti!!!” però è bello ricordarsi di avere dei compagni di viaggio che tifano per te.
Quanto è utile sapere che c’è qualcuno, magari non fisicamente lì con te, che però crede in te. Quanto è importante potersi confrontare con delle persone che stanno facendo anche loro il proprio di percorso, o che possano dire quella parola di conforto o che ti tirino su il morale.
Ecco: tutto ciò è importante anche se lo facciamo da soli.
Anche da soli è utile avere dei buoni compagni di viaggio dentro di noi.
Mi spiego meglio, io credo moltissimo che la nostra personalità, la nostra identità sia plurima. Un mio collega, Emilio Gerboni, dice che non “soffro di personalità multipla”, ma “godo di personalità multipla” e questo, è un aspetto decisamente utile.

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Voci interiori: l’utilità dell’identità multipla

Dobbiamo proprio godere di personalità multipla e sfruttare le nostre multiple personalità. Abbiamo più ruoli che giochiamo durante il giorno: a lavoro, con gli amici, in famiglia. Non siamo gli stessi mentre siamo impegnati nel nostro lavoro o quando il carabiniere ci fa la multa, o quando sentiamo nostra madre al telefono… Anche se nostra madre ha 80 anni e noi ne abbiamo 50. Abbiamo diversi ruoli, alcuni dei quali sono più formati e definiti, altri più rarefatti.
Sicuramente le voci che ci portiamo dentro sono differenti. Ricalcano un po’ i contesti e i ruoli che agiamo e abbiamo agito, ma spesso non ci prestiamo attenzione.
Quando vogliamo migliorarci abbiamo bisogno di avere dentro di noi “qualcuno” che ci indichi le aree da migliorare e che ci dia degli obiettivi da raggiungere: qualcuno che ci dica “Oh! Guarda che lì puoi fare di più” e qualcuno che dica “Dovresti fare almeno fino a qui”.
Però il rischio è che – se abbiamo solo questi due aspetti, cioè quello della critica e quello che alza in continuazione l’asticella – il vociare che abbiamo dentro la testa sia solo un vociare negativo. Un vociare che alla lunga ti demotiva o ti fa allontanare dall’ascolto della tua interiorità.
Ne abbiamo iniziato a parlare qui, ma ora lo ribadiamo in modo più forte: dentro di noi dobbiamo portarci un gruppo di persone che tifa per noi. Dobbiamo avere la voce giusta, il tono giusto, l’emotività giusta per sostenere gli sforzi che stiamo facendo.
Siamo in grado di essere dei bravissimo consiglieri quando si tratti di cose altrui, ma anche dei bravi motivatori, degli ottimi ascoltatori… ma se anche così non fosse, perché non farlo con se stessi?

Se ti dai lo stesso obiettivo da anni e non lo raggiungi, non è stupidità

Se sono anni che a gennaio o a settembre ci ritroviamo sempre con lo stesso progetto da realizzare (es: dimagrire, smettere di fumare, fatturare di più, essere più sereni, relazionarsi meglio con gli altri, ecc) è giunto il momento di riconoscere che l’obiettivo che stiamo perseguendo sia molto difficile. Magari lo è solo per noi, ma la realtà dei fatti è questa: è molto difficile da raggiungere.
(Soprattutto se lo porto all’interno di un corso di miglioramento come MeLab costituito da 16 incontri di 2 ore ciascuno, ogni settimana, che parte ad ottobre e finisce a marzo dell’anno dopo). Significa che è un obiettivo per me sfidante, che magari se lo raggiungessi cambierebbe notevolmente la mia vita o parte di essa.
Proprio perché il percorso si preannuncia difficoltoso, non posso partire solo voci interne pronte alla critica e a sottolinearmi tutti i fallimenti e gli errori che farò: “hai visto che non ce l’hai fatta? Hai trattato tuo figlio ancora in quel modo”. “Hai visto che ancora ti sei sentita offesa o offeso sempre per la solita cavolata?” “Hai visto che hai reagito con rabbia in quella situazione.”
Se sto scalando un obiettivo da anni, si tratta di una montagna che è effettivamente ripida per le mie risorse. Quindi quando vi prefiggete degli obiettivi, onorateli. Se vi scegliete degli obiettivi sfidanti, trattateli per quello che sono: obiettivi sfidanti. Non importa cosa pensino gli altri, l’importante è cosa pensate voi: trattateli da obiettivi sfidanti.
Facciamo un esempio semplice: per dimagrire cosa serve? Basta non mangiare più, mangiare meno, mangiare salutare, fare un po’ di movimento… Ormai c’è scritto ovunque: è semplicissimo!
Perché non lo faccio? Se non lo faccio è perché sono pigro, demotivato, debole… Stupido. Allora se io continuo a dirmi con la vocina dentro: “È perché sei stupido” è perché in fondo, ritengo l’obiettivo facile. Ritengo che l’obiettivo sia piccolo così e io, che cerco di raggiungerlo, ritengo di essere ancora più piccolo.
Se invece dico: “Caspita, però smettere di abbuffarmi è difficilissimo” non serve che mi consideri piccolo io, che diventi stupida io: io posso rimanere chi sono e cercare di scalare un obiettivo che è difficile.
Lo stesso per relazionarsi con i propri familiari o per relazionarsi meglio con se stessi o nello sport o nel lavoro.
Portare rispetto per gli obiettivi che vi ponete cioè considerateli effettivamente per quello che sono. Non sono mai semplici, soprattutto se in questo momento o all’inizio dell’anno ve li siete posti. Partiamo da questa idea: rispettiamo i nostri obiettivi.
Abbiate questo chiaro durante tutto il percorso, in ogni piccolo passo.
Abbiamo fatto degli esercizi per esprimere le emozioni e quindi ascoltate e esprimete le emozioni! Cosa significa? Facciamo ancora l’esempio della dieta:

Stasera rinuncio FATICOSAMENTE a mangiarmi il dolce che inevitabilmente mi ingurgito sempre prima di andare a letto. Per me è faticoso e ci penso 2 ore prima di cena e 2 ore dopo la cena: “Non mangiare il dolce. Dai che la fai!”. Mi lavo i denti, sto per infilarmi sotto le coperte e con un mezzo sorriso soddisfatto dico “Che bravo! Ho rinunciato al dolce!”. E mia moglie (o mio marito, figlio, mamma) dice “Beh hai rinunciato ad una fetta di dolce, non hai fatto nulla di che! Io lo faccio da una vita e non suono la fanfara… È evidente che se uno vuole dimagrire non deve mangiare zuccheri prima di dormire!” Mi demoralizzo subito o mi arrabbio… E magari la sera seguente mi mangerò il mio dolce pensando “Intanto non cambia niente”. Tutti noi sappiamo cosa significa e, se pensiamo bene, anche se non c’è una persona in carne e ossa a demotivarci esternamente, noi riusciamo comunque a sentirne la voce “Non hai fatto nulla di che”. Invece, se faccio un passo per me difficile e ne sono consapevole, dentro di me deve scattare la ola con tanto di bandieroni da stadio, trombette e striscioni “Ho rinunciato ad una fetta di dolce!!!”.

Se avete un diario, su cui tenete traccia per esempio delle cose di cui dovete essere grati (vedi Wisemann) scrivete in stampatello maiuscolo, con tutti i colori che volete HO RINUNCIATO AD UNA FETTA DI DOLCE, oggi ho determinato di più me stesso, stasera ho deciso io cosa fare.
Insomma: si festeggia sempre.

Onora te stesso

Onorare se stessi quando ci si mette in discussione, secondo me, è la cosa più importante. Non partite per migliorarvi dicendo “Faccio schifo”, “Così come sono non mi piaccio”, “Fisicamente sono brutto quindi voglio dimagrire”, “Quello che faccio durante la mia vita non mi soddisfa quindi voglio avere un’attività nuova”.
È ovvio che ci sia una parte critica che ci dica cosa dobbiamo non vada e cosa dobbiamo migliorare, ma poi dobbiamo concentrarci sulla soluzione.
Uso una frase fatta: vi volete bene? Cioè volete il vostro bene?
Vi rispondo io: sì. Punto. Se continuate a dirvi che c’è qualcosa di voi che non vi piace, che dovete cambiare, ecc… Vi state dicendo che meritate di più, che così non siete in una condizione di ben-essere e che dovete cercare qualcosa o un modo di essere che vada bene a voi. State cercando il vostro bene perché lo volete: volete il vostro bene, quindi, vi volete bene.
Solo che siete da troppo tempo in una condizione in cui volete il vostro bene senza ottenerlo, perché pretendete di essere in grado di ottenerlo subito e, non riuscendo a farlo, vi giudicate inetti.
Invece se voi onoraste un po’ più voi stessi e i vostri stessi desideri di miglioramento allora la strada che immaginerete per voi non potrà essere una scala mobile da centro commerciale: molto facile da salire per tutti. Sarà un percorso che si inerpica sulla più inesplorata e sacra delle montagne.
Se onorate voi stessi, come potete credere di desiderare cose facili? Non sto dicendo di desiderare cose “frivole”, anzi, semmai il contrario: sono desideri specifici e personalissimi,
Non sto nemmeno dicendo che vi dobbiate andar bene così come siete. Più ci si guarda più si trovano difetti. Ma il lavoro di consapevolezza e, poi, forse, di accettazione, è un lavoro che serve solo da slancio per la ricerca del proprio bene e della realizzazione di sé.
Volersi bene non è andarsi bene, ma nemmeno considerarsi una schifezza e fare di tutto per allontanarsi dalla schifezza che si pensa di essere (a tal proposito guarda questo video)
Focalizzarsi sul proprio bene significa dire

io come sono non mi vado sempre bene, ma comunque mi voglio bene e, proprio perché voglio il mio bene, vado a cercarlo. Allora la rotta sarà la mia rotta. Non diventerò avvocato perché la mamma mi ha detto che se non farò l’avvocato non sarò nessuno, ma diventerò avvocato perché il mio bene è diventare avvocato. Mi farò queste domande in continuazione: dove sto andando? È una cosa che mi fa star bene? Che mi piace? È la mia rotta di miglioramento? E grazie a questo, se la risposta è sì, metterò in moto il gruppo di motivatori interni e comincerò piano piano a scalare il mio obiettivo.

Onora te stesso in 3 mosse:

  1. Onora i tuoi obiettivi. Considerali per ciò che l’esperienza ha dimostrato: difficili e sfidanti. Quindi preparati tecnicamente, ma anche emotivamente: sarà un percorso difficile che necessiterà di tempo, energia e grinta.
  2. Fatti il tifo in casa. Avere delle persone di riferimento che ti aiutino, sostengano e motivino è importante. Non fermarti alla critica, usa al massimo le tue molteplici competenze e tonalità di voce per parlarti e analizzare la situazione.
  3. Cerca il tuo bene. Volere il proprio bene è un atteggiamento per il proprio futuro: non far stagnare la tua mente nella critica del momento presente o dei fallimenti passati, indirizzala verso il futuro.

Nota: “Onorare se stessi” è il 12° spunto di “15 idee per la tua mente”, un progetto estivo in cui ogni settimana propongo, sulla pagina facebook di MeLab, un argomento di psicologia applicandolo alla vita di tutti i giorni. Questo articolo è la trascrizione (quasi fedele) di una diretta facebook durante il laboratorio dello scorso anno: perdonate la sintassi, coglietene il succo e se avete delle domande ponetele sulla pagina. Ci sarà una diretta ogni mercoledì durante la quale risponderò alle domande, darò degli esercizi specifici e dei riferimenti per approfondire l’argomento.