Recensione “La nobile via del miglioramento personale” (M. V. Masoni, Scienze dell’Interazione, 2019 1-2, pp. 125-6)
Negli scaffali delle grandi librerie, sotto la sezione “Psicologia”, quando si vede un titolo che suggerisce una via, un percorso, è bene insospettirsi. Troppi sono gli psicologi che scrivono per vendere “percorsi” di vaga crescita. Poi ci sono le perle.
Qui se ne coglie un indicatore grazie a quell’attributo dato alla “via”. Il termine “nobile” non è infatti da psicologo di massa.
Siamo forse davanti a una bella eccezione? La lettura del libro conferma l’ipotesi.

[ndr: il dott. Masoni è un collega che stimo molto ed è con grande emozione che ho letto la sua recensione al mio libro. L’ho tenuta per me per un anno: condividerla mi pareva una civetteria (eh, errori di inesperienza). Invece, oggi credo che serva pubblicarla, non solo per offrirvi una sintesi del libro, ma per condividere le aggiunte di Masoni.E poi, lo ammetto, ci sono giorni in cui è bello vantarsi e questo è uno di quelli.]
Lo stile è discorsivo e scorrevole, nulla di quel procedere quasi ostile al lettore di certi testi accademici. L’autore è anche esperto di ipnosi. Qui non ne parla, ma il libro ti prende e ottiene quell’effetto di alterazione degli stati di coscienza tipici della buona narrativa.
In queste pagine la saggezza orientale non è solo citata e inserita come lo erano le cineserie dell’architettura in crisi dell’Ottocento. È respirata, rivissuta e passata al vaglio occidentale. Le tappe del viaggio sono metaforiche, sono stazioni di riflessione.
Opportunamente l’autore mette le mani avanti: qui ti puoi disorientare, come sempre capita mettendo piede su sentieri nuovi. E il viaggio è nella foresta della tua mente. Potrebbe sembrare semplice qui non perdere la strada, la foresta è tua, dovresti conoscerla bene, la attraversi da una vita, ma la prima scoperta è di quelle che scuotono. Ora sei alla ricerca della nobiltà. La foresta l’hai attraversata più volte, ma forse cercavi altro.
E altro scuotimento: pare che la foresta non sia affatto vero che fosse tua, privata, stai scoprendo che non solo ci sono gli altri, ma che quello che pensi, nel tuo privatissimo e profondo io non è altro che ciò che da sempre hai negoziato e preso dagli altri. Compresa l’idea di miglioramento personale. Se non ce lo avessero suggerito i millenni che ci hanno preceduti mai ci verrebbe in mente qualcosa di simile al “miglioramento”. Il problema è tutto umano e nasce dal dolore della vita.
La parola rischia oggi di essere fraintesa, chiedi a uno sciocco che cosa significhi migliorare ed è probabile che ti dica “aver più soldi”. Ben venga allora questo libro, perché non è di denaro ovviamente che qui si parla. Si parla di cammini della mente possibili solo se smetti di elucubrare e inizi a FARE. E il fare è sempre qualcosa che ti mette in relazione con gli altri, gli altri fuori e gli altri dentro di te.
Non solo, aggiunge Luca Bidogia, per fare occorre aver paura, perché solo chi ha paura può mostrare il coraggio di rischiare, la vita infatti non è un esercizio di matematica, è rischio, il risultato non è prevedibile, devi fare e se fai puoi sbagliare, ma puoi scegliere di non sbagliare, non facendo. Il non fare, va da sé, è un non vivere. La formula per fare ce la ricorda l’autore, riesce a fare chi se ne sente autorizzato. Per farlo viene citata una saggezza antica, quella di Virgilio che qui parafraso: il successo va verso quelli che fanno (possono) perché pensano di potere.
Questa quindi è la chiave, in quale scrigno trovarla l’autorizzazione? Dove sta scritto che finalmente “Puoi”? Nella psicologia dei primi del Novecento, quando regnavano le spiegazioni che si reggevano sui nessi di causa effetto, l’autorizzazione era data o non data dalle Madri, figure quasi infernali, teoria ahimè presente ancor oggi e che ha tenuto il campo fin oltre gli anni a metà del Novecento e della quale forse il miglior ritratto fu quello di Hitchcock in Psyco.
Ma ora possiamo dirlo: non c’è scrigno. Ci sono voci autorevoli. Ci sono maestri ai quali affidarci e in queste pagine si citano matematici (divenuti poi psicologi), filosofi e altri grandi pensatori. Il permesso non è altro che nuova conoscenza, mutamento di significati, rilettura di vecchi veti, ascolto di voci che han per noi il peso dell’Ipse dixit.
Wittgenstein diceva che il modo più efficace per far capire e quindi agire è il portare esempi. Il libro ne è pieno, lunghi dialoghi e spezzoni di dialogo. E, come è necessario che ci sia in un libro che vuole mettere a punto quel tipo di condivisione che si chiama insegnamento, c’è alla fine dei capitoli l’invito a fare. Sì, ci sono gli esercizi. Un ritorno piacevole a una scuola che ti fa capire se hai capito.
Ecco, caro lettore, si tocca il termine “esercizio” e torna con i suoi odori, immagini e suoni il ricordo della scuola e di quello strano fantasma del quale allora si parlava tanto e del quale nessun anatomo patologo ha mai trovato la sede, nemmeno sezionando minuziosamente il corpo umano. La Volontà. Non ne parlo qui, per non togliere al lettore il piacere di leggere le soluzioni proposte a chi non ha voglia. Ma l’argomento non è antichissimo. Ed ha una stretta parentela con la perseveranza, tanto che nell’Ottocento gli psicologi, forse in certe cose più acuti di oggi, chiamavano il carattere “memoria del volere”. Rifletteteci, la locuzione è geniale, e riguarda anche la memoria del volere non volere. A riprova che noi comunque “facciamo” e che il non fare non è altro che un fare rovinoso.
Questo il dono del libro, l’offerta di una mappa che disvela l’ovvio di un percorso di miglioramento e ce lo rende ovvio su un altro livello. Questa la posizione dell’autore che dice, rivelandosi assai saggio: non sono un esempio, sono un disegnatore di mappe, il che non vuol dire che nel privato, mentre non sono occupato con le mie matite, riesca ad essere sempre nobile. Insomma, per chi legge e intende, non sei obbligato alla nobiltà, anzi, forse non la toccherai, forse ne sentirai il profumo sfiorandola o se la raggiungerai non riempirai mai di essa il tuo zaino. Alla nobiltà si tende, perché se pensi di averla raggiunta cessi, davvero, di poter comunicare con noi.
A cura di Marco Vinicio Masoni Autore di una ventina di libri e numerosi articoli, Marco Vinicio Masoni è architetto, psicologo e psicoterapeuta. Già consulente scientifico della regione Friuli Venezia-Giulia e formatore per il ministero della giustizia e del MIUR, è docente presso l’Istituto di Psicologia e Psicoterapia di Padova. Lo trovi su formazione-studio.it
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