Autoipnosi ed immaginazione: usare la fantasia per allenare la mente

Immaginate di essere al rientro da una di quelle giornate frenetiche: mattina di corsa, lavoro, pranzo, lavoro, spesa, un’infinità di cose da fare ancora sospese nella vostra mente… State tornando a casa e lì vi aspettano i vostri figli. E voi sapete che il tempo che passerete con loro è poco e importante. Vi siete ripetuti mille volte che loro vengono prima del lavoro, della vostra stanchezza, del cellulare o del telegiornale… Ma non sempre riuscite a dedicare loro le vostre attenzioni, spesso crollate sul divano e date la colpa alla vita faticosa.
Stasera invece è diverso, scendete dalla macchina come sempre, ma quando mettete la mano sulla maniglia della porta di casa: bam! Magia. Una cascata di immagini e sensazioni attraversa il vostro corpo e i vostri occhi: sono una carellata di bellissimi ricordi dei vostri figli. Ricordate quando sono nati, i loro primi passi, quella volta che avete riso come pazzi, i primi regalini e grandi abbracci.
Sentite un’energia nuova, il cervello completamente rigenerato e sintonizzato su un altro canale.
Aprite la porta, lasciate la maniglia e vi tuffate in una bella serata: il vostro ancoraggio ha funzionato, l’autoipnosi dei giorni scorsi sta portando i suoi frutti.
Cos’è l’autoipnosi
L’autoipnosi è una pratica attraverso cui la persona, volontariamente e senza necessariamente la presenza di una guida, focalizza la propria immaginazione su una fantasia (verosimile o meno) utile a fargli modificare il suo modo di agire e/o di sentire la realtà che la circonda. E questo, sia durante la fase immaginativa che tornata alla realtà condivisa.
Milton Erickson, probabilmente il più grande ipnotista di tutti i tempi e, sicuramente, colui che ha riportato l’uso dell’ipnosi all’interno della psicologia e delle neuroscienze moderne, riteneva che ogni tipo di ipnosi (quelle con il terapeuta o con il medico per intendersi) fosse in realtà un’autoipnosi.
Cioè, per Erickson, ogni persona è in grado di accedere alle proprie risorse inconsce in modo, non solo spontaneo, ma in modo anche volontario e profondo tanto da permettere tutte quelle apparenti magie legate all’ipnosi: operazioni chirurgiche molto invasive senza anestesia, risoluzioni di patologie croniche, abbandono dell’uso di sostanze psicotrope, ecc.
Queste potenzialità della mente umana possono essere allenate, non per arrivare a programmarci a piacimento (come qualcuno vorrebbe farvi credere), ma semplicemente, per sviluppare un maggior dialogo con quella parte profonda, saggia e creativa che Erickson chiama inconscio.
Avere una maggior fiducia in ciò che si cela nel nostro profondo, credo, sia stato il più grande contributo che Milton Erickson abbia lasciato, non solo nel suo approccio naturalistico alla psicoterapia, ma al modo di intendere l’uomo negli ipnotisti moderni.
Modificare, quindi, da soli il proprio stato di coscienza, raggiungendo stati di trance anche profonda, è un viaggio da fare con serenità e curiosità. La cosa importante è imparare la modalità più idonea per noi stessi rivolgendosi a quegli esperti, che non solo si dicono tali, ma che di mestiere aiutano le persone e conoscono bene le complessità della mente.
Meditazione, mindfulness e autoipnosi: differenze
Dal mio punto di vista, con la parola meditazione mi riferisco ad un’eterogeneità di pratiche attraverso cui una persona concentra volontariamente la propria mente in un flusso fluido di pensieri o sensazioni. L’autoipnosi è da intendersi, quindi, come un particolare tipo di meditazione.
Se l’allenamento della consapevolezza, che chiamiamo a MeLab anche mindfulness, si fonda sulla concentrazione sul presente senza cambiarlo, ma accogliendolo per ciò che è; l’autoipnosi, viceversa, si fonda sulla concentrazione su un proprio desiderio o volontà di cambiare il nostro modo di intendere e vivere il presente. Se nella mindfulness siamo immersi nella realtà esterna, nell’autoipnosi siamo in contatto profondo con quella interna.
Tengo volontariamente i due termini a questi due opposti, non perché lo siano di per sé, ma perché è più utile capirne l’applicazione e la pratica.
Se tornato a casa da lavoro sono nervoso e teso, facendo mindfulness potrò “liberarmi” da queste sensazioni valutandole solo come emozioni e pensieri non vincolanti. Facendo autoipnosi mi libererò dagli stessi pensieri ed emozioni attraverso un’immagine vivida come, ad esempio, un tuffo in un lago di montagna con una bella nuotata rigenerante.
Pensate, quindi, alla meditazione come ad una macro categoria che contiene le due sottocategorie autoipnosi e mindfulness (o pratica della consapevolezza).
Autoipnosi: contesti d’uso
Come detto, possiamo intendere ogni ipnosi come un’autoipnosi in cui l’ipnotista crea il miglior contesto possibile affinché la persona vada in trance da sola. In questo senso, i contesti di applicazione dell’autoipnosi potrebbero essere sovrapposti a quelli dell’ipnosi.
Per quanto questo sia affascinante, ritengo necessario che la pratica di autoipnosi sia imparata attraverso la guida di un esperto. I rischi sono quelli di perdere del tempo in visualizzazioni o rilassamenti generici che non vadano a lavorare in “profondità”, oppure di arrivare in trance profonde, ma senza sapere come affrontare quei particolari stati di coscienza.
Detto ciò, la maggior parte delle esperienze autoipnotiche non raggiunge profondità tali da permettere quei particolari risultati dell’ipnosi (a meno di lunghi addestramenti o di un richiamo all’esperienza ipnotica fatta con un esperto).
Ecco i principali contesti in cui poter usare l’autoipnosi:
- Autoipnosi e sport (es: preparazione alla gara, acquisizione movimenti specifici, esecuzione tecniche complesse, superamento crisi e resistenza alla fatica, focalizzazione sull’allenamento…).
- Autoipnosi, umore e emozioni (es: gestione delle emozioni, riduzione dello stress, superamento di momenti di stanchezza o affaticamento…).
- Autoipnosi, business e contesti organizzativi (es: focalizzazione sugli obiettivi, leadership, riduzione dello stress, creatività e problem solving, innovazione, gestione emozioni e relazioni difficili, sviluppo carriera e aderenza al ruolo, motivazione interna…).
- Autoipnosi, autostima e consapevolezza di sé (es: essere più sicuri nelle relazioni, parlare in pubblico, essere più convinti delle proprie capacità, persistere in percorsi e in contesti di salute e benessere individuale…).
- Autoipnosi, dipendenze e salute (es: dipendenza da sostanze, smettere di fumare, rafforzamento del percorso di dieta e attività fisica…).
Autoipnosi e immaginazione
Riuscire a focalizzare l’attenzione e autoipnotizzarsi può servire in molti ambiti della vita quotidiana, non serve quindi che voi siate amministratori delegati o degli atleti che debbano tirare l’ultimo calcio di rigore della finale di Champions, una comune giornata da “mamma” è una sfida che necessiterebbe già di una routine autoipnotica costante.
Partiamo quindi dalla base: avete già i superpoteri. Il vostro “inconscio” non vi permetterà mai di non soffrire nella vostra vita o di riuscire a mandare a quel paese il vostro capo o ad essere sempre felici.
Il vostro inconscio non è così stupido e più voi lo tratterete come tale, più lui farà il difficile.
Immaginate di avere dentro di voi (o sempre accanto) una persona molto saggia e propositiva, che parla per metafore e storie. Più le chiedete in modo insistente cose difficilissime da raggiungere senza dimostrare consapevolezza dell’importanza di tali richieste, più lui guarderà le nuvole e parlerà del tempo dell’indomani.
Per iniziare questo dialogo interiore, meglio usare uno degli strumenti di cui gli esseri umani sono dotati: la fantasia, l’immaginazione. In passato, ad essa è stato attribuito un potere speciale, oggi invece tutto ruota attorno alla razionalità e così, anche quando parliamo a noi stessi, lo facciamo non con il linguaggio dei poeti, ma come quello dei distributori automatici di caffè.
Autoipnotizzarsi attraverso delle sterili frasi ripetute in continuazione è l’offesa più grande che potreste fare a voi stessi.
Ecco perché a MeLab, prima di insegnare le pratiche di autoipnosi, impariamo ad usare la nostra immaginazione, cioè la nostra capacità di creare con la mente sensazioni, immagini, emozioni e storie in modo vivido ed intenso.
Una volta allenata la fantasia, sarà la volta di capire quale è la modalità migliore di dialogo con il nostro inconscio o, in altri termini, quale è la nostra modalità di andare in trance.
Un esercizio: dalla mindfulness all’autoipnosi
Siamo dotati di 5 sensi che usiamo per percepire la realtà che ci circonda.
Un ottimo esercizio per praticare la consapevolezza è quello di prestare attenzione momento per momento a tutte le nostre percezioni attraverso tutti i 5 sensi.
Ad esempio, mentre sono nella piazza qui sotto quando c’è il mercato, passando di fronte alla bancarella del pesce, posso inebriare il mio naso del profumo del fritto, posso guardare il pesce esposto, posso sentirne l’odore e posso anche immaginarne il gusto (ndr: durante le live del giovedì mattina a Noventa c’è il mercato proprio sotto lo studio).
In ogni tipo di esperienza si possono usare i sensi: la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto e il tatto, così da rendere la mia presenza in quel momento, molto più ampia e strutturata.
Questo mi permetterà anche di percepire alcuni aspetti che mi sarebbero sfuggiti, di portarli alla mia attenzione, di elaborarli cognitivamente ed emotivamente e, quindi, di ricordare meglio la situazione specifica.
Ad esempio, guardando un tramonto si può fare in modo che quell’immagine, insieme alla sensazione che si prova nel contempo, si fissi nella mente. Oppure, durante la giornata si possono cercare stimoli positivi che diano serenità, tranquillità o felicità e, una volta che si incontrano, è sufficiente dirigere tutta l’attenzione sull’esperienza, osservandone i dettagli e usando tutti i sensi.
In questo modo, il ricordo di quell’attimo apparentemente banale, potrà essere archiviato come la rappresentazione di un’esperienza di benessere che potremmo richiamare come momento di autoipnosi nel futuro.
Ecco l’esercizio, che chiameremo: “Quando sei felice, facci caso”
Riprendiamo l’esempio dell’inizio: il ritorno a casa dai vostri figli dopo una giornata snervante (voi potete scegliere una situazione a voi più congeniale). Il vostro desiderio è quello di apprezzare quei momenti più facilmente senza essere disturbati dallo stress della vita di un adulto.
- Trovate dei momenti in cui siete a vostro agio con i vostri figli (magari durante il fine settimana) e allenate la vostra presenza in quel momento godendovi quegli attimi nella loro pienezza. Attivate ogni centimetro del vostro sentire, cercate di osservare tutti i dettagli e attivate ognuno dei 5 sensi: toccate i capelli dei vostri figli, guardate come sono vestiti, annusatene i profumi o gli odori. Parlate e giocate con loro, ascoltate i loro racconti, siate curiosi del loro stato d’animo e del vostro. Tutto questo, oltre a favorire un piacevole momento familiare, inebrierà sempre di più la vostra mente e vi permetterà di archiviare queste rappresentazioni positive.
- Cercate di dare un nome a quello che provate (es: “serenità”) e associatelo ad un’immagine, ad una sensazione o ad un profumo. Chiameremo questo nome con le sue specifiche associazioni “simbolo”. Fate in modo che il vostro simbolo sia denso di significati, di ricordi e di esperienze. Dedicateci del tempo per richiamarlo alla mente e per fare in modo che pronunciando il suo nome, le sensazioni ad esso legate siano intense e vivide.
- Fate delle prove per tutti i giorni a seguire: uscite dalla porta di casa e, ogni volta che rientrate, appena toccate la maniglia della porta richiamate quel simbolo e pronunciate mentalmente il suo nome. Non siate parchi né timidi con la vostra immaginazione! Ad ogni tocco di maniglia riattivate ed intensificate quelle esperienze positive.
- Ecco che tra qualche giorno, quando tornerete a casa stressati, potrete ricorrere al vostro simbolo. Vi sarà possibile richiamare alla mente quelle emozioni e quegli stati d’animo più facilmente, attraverso il solo impugnare la maniglia. Con il passare del tempo, potreste addirittura non accorgervene più: sarete semplicemente felici di vedere i vostri figli ed ogni preoccupazione svanirà sull’uscio di casa.
Nota: questo è il 4° punto di “15 idee per la tua mente”, un progetto estivo in cui ogni settimana propongo, sulla pagina facebook di MeLab, un argomento di psicologia applicandolo alla vita di tutti i giorni. Questo articolo è la trascrizione (quasi fedele) di una diretta facebook durante il laboratorio dello scorso anno: perdonate la sintassi, coglietene il succo e se avete delle domande ponetele sulla pagina. Ci sarà una diretta ogni mercoledì alle 18:00 durante la quale risponderò alle domande, darò degli esercizi specifici e dei riferimenti per approfondire l’argomento.