Come vediamo noi stessi e il mondo?
Da sempre nel primo incontro di MeLab indaghiamo il nostro modo di percepire il mondo. Dato che lo scopo del percorso è quello di migliorare noi stessi, il primo incontro è basato sul punto di partenza: “chi siamo”. E dato che non siamo degli assoluti, chi siamo dipende da “come ci descriviamo”.
Quali sono gli occhiali con cui noi vediamo noi stessi? È attraverso le lenti di questi occhiali che noi decidiamo quali sono gli aspetti da migliorare, quali i difetti e quali i pregi. Ed è sempre attraverso queste lenti che decidiamo la traiettoria da prendere.
Non è cosa banale: siamo pieni di schemi mentali e di abitudini. Spesso pensiamo che siano stati gli altri ad averci inculcato in testa cosa è giusto e cosa è sbagliato. Al MeLab partiamo invece pensando a noi. L’invito è quello di conoscere e ampliare le nostre possibilità di essere e agire.
La storia di Marco.
Vi racconto la storia di Marco che vuole licenziarsi: 30 anni, bravo ragazzo, studiato, che si impegna, diligente, apposto. Marco lavora in una piccola azienda che ha apprezzato sin dai tempi dello studio. Ha sempre desiderato entrare lì dentro: l’azienda fa un prodotto che gli piace e in giro se ne parla bene. Qualche mese fa ci riesce: entra dentro, viene assunto e si impegna molto. Marco è uno di quelli che ha degli occhiali che gli fanno vedere il mondo dividendolo in buono o cattivo. E lui cerca di essere uno dei buoni. Cerca di essere socievole, di essere molto disponibile. Se il capo o i colleghi gli chiedono un piacere lui è pronto a esaudirne i desideri o a fare quel che può. Lo stesso per gli amici, la casa o quant’altro, cerca di essere buono. In quei momenti in cui è da solo e si rimprovera, si dice: “Non sei stato abbastanza buono oggi”, “Sei stato arrogante”, “Non sei stato abbastanza bravo”, “ Potevi essere più gentile”.
Il problema di Marco all’interno dell’azienda è che Giovanni, il suo capo – che Marco venera come una divinità – non lo stima, o almeno sembra non stimi tutto l’impegno di Marco. Per Marco è importante che il capo capisca quanto lui ci tenga a questa azienda e, per dimostrarglielo, lo fa attraverso i propri occhiali cercando di essere più “buono” possibile.
Invece, più Marco racconta al capo quanto è bella la sua azienda o quanto simpatici siano i colleghi, meno interesse legge negli occhi di Giovanni; più Marco sfrutta anche le pause caffè chiedendogli come sta la figlia o il cane, meno soddisfazioni riceve da Giovanni. Sembra persino che il capo dia per scontato la completa disponibilità di Marco nell’aiutare tutti ogni volta che gli è possibile. “In questa azienda fa strada solo chi pensa per sé” rimugina tornando a casa “Dovrei essere più menefreghista, ma è più forte di me: non sono uno che frega la gente, son troppo buono, questo è il mio problema!”.
Il problema, invece, è che Giovanni non ha gli stessi occhiali di Marco, che divide le cose in buone o cattive. Gli occhiali preferiti di Giovanni, gli fanno dividere il mondo in intelligente o ingenuo. Quindi una cosa o è intelligente o è banale, appunto, ingenua. Una cosa può essere interessante, utile, costruttiva, elaborata, oppure può essere banale, inutile, poco raffinata. Ogni volta che parla con Marco, quello che Giovanni vede di Marco è quanto abbia prodotto durante la giornata e le eventuali idee brillanti utili al lavoro. Per Giovanni, Marco è un ragazzo che si applica e che ogni tanto ha anche qualche idea interessante a cui, purtroppo, non dà seguito. Sembra un “tuttofare” preso com’è a correre tra un ufficio e l’altro, ad ascoltare tutti e a parlare di cose che a Giovanni non interessano. A Giovanni, infatti, non piacciono molto i dialoghi su quanto bella sia l’azienda, li trova superficiali. Marco gli fa simpatia: è ancora giovane, forse un po’ troppo ingenuo e, spera, che con il tempo “si farà”. Ora non è ancora un problema rilevante, ma nemmeno una risorsa su cui investire.
Il problema, invece, lo vive Marco che si sente sminuito e che per migliorare la situazione punta tutto sull’essere ancora più buono e sul fare ancora di più per dimostrarlo. Perciò, quando guarda con le proprie lenti il capo, lo vede distante, poco attento ai suoi collaboratori, insensibile. Mentre magari Giovanni pensa di esser percepito intelligente per le sue ultime decisioni, Marco lo vede scaltro e cattivo. E ogni sua azione d’ora in poi sarà presa in base a questa considerazione.
Fine della storia.
Abbiamo usato gli occhiali giusti?
Cercare di capire quali occhiali indossiamo quando definiamo il mondo è fondamentale. A volte – magari capita anche a voi – continuiamo a cercare di migliorare all’interno di uno schema binario: come Marco, guardiamo il mondo da uno schema mentale che lo divide in due polarità, ponendoci in quella che ci sembra la migliore. E insistiamo, nonostante le difficoltà, su questo polo che ci troviamo ad interpretare, ad esempio “il buono” (o l’intelligente, il disponibile, il simpatico, ecc), proprio perché lo mettiamo in opposizione ad un altro polo che detestiamo, ad esempio “il cattivo” (o l’ingenuo, l’antipatico, ecc). Semplificando: piuttosto di essere ingenuo mi dimostro intelligente. Piuttosto di essere cattivo mi dimostro buono.
E’ una scelta quasi forzata: “per forza sono buono, non potrei mai essere cattivo”. Come se fossi obbligato a scegliere o buono o cattivo. E, in quella stessa situazione, non potessi scegliere altri modi di essere moralmente ugualmente “accettabili”, ad esempio: intelligente, tenace o rispettoso.
All’interno di un percorso di miglioramento è, quindi, importante come limitano il nostro modo di essere e fare gli occhiali che indossiamo. Quali sono le principali “polarità” con cui giudichiamo le cose?
Non illudiamoci: non si può percepire il mondo senza un filtro. Capendo che abbiamo degli occhiali non possiamo scegliere di toglierli e rimanere senza con uno sguardo puro, ma possiamo provare ad indossare degli occhiali più utili alla situazione, al tempo e al ruolo che viviamo.
Forse potremmo pensare: “Vedevo il mondo pieno di cattivi che si approfittavano della mia bontà. Non volendo essere una persona cattiva, continuavo a voler migliorare me stesso cercando di essere ancora più buono di quello che già ero. E invece posso scegliere di essere più socievole, più simpatico, più intelligente, più deciso, più chiaro, più assertivo… Tutte possibilità che non negano il mio essere buono, ma ampliano il mio essere umano”.
E tu che occhiali indossi?
Prova a descrivere in sole 3 parole (o brevi frasi) chi sei. Poi chiedi a tre persone che conosci di dirti 3 cose o aggettivi che più ti rappresentano. Confronta il tuo modo di vederti con quello degli altri. Cerca di cogliere il più possibile dalle differenze. Se avessi la fortuna di sentirti descrivere in un modo da te inaspettato, sii felice: hai qualcuno accanto che può ampliare la visione che hai di te stesso e del mondo. Non devi condividerla, ma esserne curioso: sarà d’aiuto al tuo miglioramento.
Nota: “Gli occhiali” è il primo spunto di “15 idee per la tua mente”, un progetto estivo in cui ogni settimana propongo, sulla pagina facebook di MeLab, un argomento di psicologia applicandolo alla vita di tutti i giorni. Questo articolo è la trascrizione (quasi fedele) di una diretta facebook durante il laboratorio dello scorso anno: perdonate la sintassi, coglietene il succo e se avete delle domande ponetele sulla pagina. Ci sarà una diretta ogni mercoledì alle 18:00 durante la quale risponderò alle domande, darò degli esercizi specifici e dei riferimenti per approfondire l’argomento. (Se desiderate vedere la vecchia live senza leggere l’articolo cliccate qui).