Un due, un due. Respira. Un due.
Il ritmo ci coinvolge. Ci pervade. Diversi studi dimostrano come il nostro ritmo cardiaco sia influenzato dalla musica, dalla velocità di una sequenza di immagini, dalla frequenza delle parole. Stesso dicasi per il nostro respiro o per l’alternanza tensione-rilassamento della contrazione muscolare. Ci sviluppiamo in un grembo materno fatto di pulsazioni, inspirazioni, dondolii e passi. Il senso del ritmo è predominante e pare che da questo senso si sviluppi poi il linguaggio.
Un’ipotesi confermata in una ricerca citata in quest’articolo dell’Ansa (l’originale è qui)
L’evoluzione del linguaggio umano ha origine dal senso del ritmo. Lo dimostrano gli esperimenti condotti sulle scimmie, che comunicano meglio tra loro quando i messaggi sono scanditi secondo una cadenza naturale, simile a quella tipica del linguaggio degli esseri umani. La ricerca, pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas, è stata coordinata da Asif Ghazanfar, dell’università di Princeton. Il comportamento osservato nelle scimmie conferma la teoria secondo cui il linguaggio umano moderno si è evoluto a partire dalle espressioni ritmiche facciali utilizzate nella comunicazione tra i primati ancestrali, più di 3 milioni di anni fa. Gli studiosi hanno osservato 11 scimmie ed il loro modo di comunicare attraverso dei movimenti ritmici del viso, come lo schioccare delle labbra con cadenza naturale.
L’Abstract della ricerca si può leggere qui.
Per chi non lo sapesse: non siamo scimmie, nemmeno macachi
Andrea Moro (docente di Linguistica Generale alla IUSS di Pavia) commenta (qui) che il linguaggio umano è unico nel suo genere e ha più proprietà di quello dei macachi (es: la sintassi), quindi non si può sostenere che l’intero linguaggio abbia origine dal ritmo. Resta, comunque, la romantica idea che un ritmo fisiologico, fatto di carne e sostanza, influenzi il ritmo del linguaggio e del pensiero e come questo poi sia lo strumento attraverso il quale andiamo a conoscere il mondo, a descriverlo, a reinterpretarlo e viverlo.
Il fatto che il mondo abbia il ritmo del cuore di una mamma è una cosa da scrivere su facebook per ottenere più “mi piace” possibile.
Però un po’ è vero.
Guardate questi due gemelli come “parlano” tra loro, usando certo tutta la “prosodia”, ma come il ritmo di ciascuna battuta e dell’intera conversazione sia fondamentale. (NB: nei sottotitoli c’è qualche parolaccia, perdonateli: sono ancora piccini 🙂 )
Influenza e induzione del ritmo
Un ipnoterapeuta sa dosare il ritmo del suo parlare e del suo muoversi per suggestionare il proprio paziente, così come fa il cantante sul palco a favore del proprio pubblico o il venditore durante una trattativa.
Il ritmo ha una funzione di connessione indiscutibile. La marcia dei soldati e i canti delle tifoserie di uno stadio sono degli esempi di come un insieme di individui si possa coordinare facilmente.
Siamo attratti dalla ripetizione e dallo scandirsi del tempo, questo ci permette di anticipare il prossimo rintocco, quasi di seguirlo. Colto il ritmo, conosciamo il procedere del tempo. Nella serenità che ci dà il conosciuto, ci muoviamo noi stessi a tempo. Anche se la musica la suonano altri, anche se il tempo lo tengono altri, è anche un po’ nostro. Lo facciamo nostro. E così procediamo in un ritmo che ci unisce al cantante e al resto della folla, al politico e al resto degli astanti.
Non sono solo canzonette. E’ sincronizzare respiro, cuore e fisiologia. E’ scandire il linguaggio con cui poi si disegna il mondo.
Si prende sempre troppo alla leggera il ritmo.
Non è importante ciò che dici, ma il tempo che tieni.
Come dice qualcuno: buona danza.
Spunti
Andrea Moro è stato allievo di Chomsky, non credo che condivida il semplicismo o la linea di alcune affermazioni che trovate qui, ma leggendolo e vedendolo mi son fatto l’arbitraria idea che ne comprenderà il contesto. “Parlo dunque sono” è il suo nuovo libro (questa pubblicità è fatta nel caso in cui s’offendesse d’essersi trovato qui 🙂 ).