Terapia e cura del Disturbo da Attacchi di Panico

Attacchi e Disturbo di Panico: la cura

Prima di vedere le proposte di terapia e cura degli attacchi di panico, è meglio fare un po’ d’ordine. Riassumendo gli articoli precedenti si può affermare che il Disturbo di Panico è caratterizzato da:

  1. ricorrenti Attacchi di Panico inaspettati
  2. interpretazioni erronee di sé e della situazione
  3. strategie e adattamenti disfunzionali che confermano tali interpretazioni

Tutto questo è permeato da un forte elemento illusorio ritrovabile ne:

  • la distorsione della percezione sensoriale propria dell’attacco di panico
  • l’attenzione selettiva per elementi non significativi che permettono lo svolgersi dell’illusione
  • la scelta di strategie illusoriamente risolutive, ma in realtà peggiorative e limitanti
  • la percezione di sé come spettatori inermi e incapaci di uscire da tale incubo

La spirale illusoria fa in modo che ogni tentativo razionale di uscirne sia un passo avanti verso l’aggravamento del problema.

Psicoterapie basate sull’azione: Terapia Cognitivo-Comportamentale e Terapia Breve Strategica

Il motivo del successo delle terapie basate anche sulla prescrizione di azioni (come la terapia cognitivo-comportamentale) è, a mio parere, dovuto alla rottura che l’azione e la sperimentazione della stessa provoca nell’illusione del Panico. Gli strumenti forniti durante i colloqui, le ristrutturazioni cognitive, le informazioni date e gli esercizi di rilassamento permettono anche di creare uno spiraglio di fiducia affinché la persona sperimenti la propria capacità di affrontare il problema in una situazione già analizzata con il terapeuta e seguendo alcune indicazioni specifiche.

Attacchi di Panico Cura e Terapia
Installation, 2013 Helen Mac Mahon (IE)

Professionalmente ritengo che tali metodologie non debbano tralasciare la possibilità dell’uso terapeutico dell’illusione. La Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC), che gode di grande fama nella letteratura scientifica nel trattamento del Panico, usa principalmente strumenti che necessitano la comprensione del paziente, che è cosciente dei vari dettagli del percorso di training e terapeutico. Se da un lato tutto ciò è molto utile, lo dimostra l’efficacia attestata in più ricerche, può peccare di efficienza o può non risultare sufficiente nei casi più gravi in cui l’elemento illusorio è pervasivo. Nei casi in cui, cioè, risulti difficile allearsi con la parte “razionale” della persona perché troppo spaventata dalla terribile illusione, al terapeuta saranno necessarie più sedute o il ricorso all’aiuto della farmacologia per ridurre l’aspetto ansiogeno che spesso irrigidisce la capacità di pensiero e non permette di vedere alternative al problema.

Nella Terapia Breve Strategica (TBS), secondo il modello proposto da Nardone e Watzlawick, invece viene posto l’accento proprio sul meccanismo illusorio che viene usato a vantaggio della soluzione del problema stesso. La TBS seleziona alcune delle tecniche della TCC, ma le inserisce in un approccio costruttivista che molto deve al lavoro sulla suggestione di Milton Erickson e del MRI di Palo Alto.
Nella TBS manca il training della TCC (es: rilassamento, assertività,…), ma ad esempio si ritrovano delle tecniche di esposizione simili a quelle di Barlow (1988).
Nella Terapia Breve Strategica, quindi, la persona che soffre di attacchi di panico inizialmente sarà coinvolta in un’altra spirale illusoria – questa volta però virtuosa – dove eseguirà delle azioni impartite strategicamente dal terapeuta che “inspiegabilmente” miglioreranno la situazione. Solo dopo arriveranno le spiegazioni.

In entrambe queste vittoriose metodologie terapeutiche (Terapia Cognitivo Comportamentale e Terapia Breve Strategica) si postula che l’azione ripetuta,  guidata e rinforzata dal terapeuta possa generare una sorta di ristrutturazione degli schemi cognitivi descrittivi di sé o del sistema percettivo-reattivo, attraverso quella che un vecchio psicoanalista direbbe un’esperienza emotivo correttiva e/o attraverso un processo di apprendimento.
In sostanza: l’acquisizione di tecniche e informazioni; la scomparsa degli attacchi di panico; e la sperimentazione di una situazione precedentemente terrorizzante come normale e piacevole, dovrebbero bastare alla ristrutturazione della complessità della persona.

Spesso è così, e spesso è questo che i pazienti chiedono: “Mi faccia sparire gli attacchi di panico. Non ho altri problemi.”

Ma, a volte non basta. Può capitare che l’esperienza emotivo correttiva generata dalla TBS non porti ad un cambiamento di secondo ordine (o di tipo 2 come direbbe Watzlawick), o che la ristrutturazione cognitiva della TCC non porti ad un processo di apprendimento che modifichi processi e connessioni sovraordinate.

Che fare?

Si sta parlando di piccole percentuali di persone che hanno delle situazioni più complesse, o necessiterebbero modalità differenti di intervento (magari meno prescrittive) o di terapeuti che, per vari motivi, abbiano applicato le tecniche in modo errato o non costruendo il contesto idoneo. Si parla anche di quelle persone che, successivamente ad un netto miglioramento, abbiano poi delle ricadute.
Vi sono, a mio modo di vedere, due aspetti da tener in considerazioni: le emozioni e l’identità.

E le emozioni?

Come già accennato in un articolo precedente, l’organizzazione di un Disturbo di Panico spesso porta con sé un evitamento delle emozioni in genere.
Le terapie basate sulla prescrizione di azioni, come quella cognitivo-comportamentale o quella breve strategica, non sono, come spesso vengono accusate, esclusivamente basate sul “sintomo”. Entrambi i protocolli terapeutici prevedono un’accurata costruzione di fiducia, accoglimento e motivazione nel  contesto terapeutico, assieme a ristrutturazioni più ampie e tecniche per il mantenimento dei risultati ottenuti. Un cognitivista sarà più incoraggiante, mentre uno strategico sarà più suggestivo.
Mantenere il focus sul comportamento, sulla comprensione o sulla strategia legati agli aspetti del panico, però può sminuire l’importanza della relazione della persona con l’universo emotivo nel suo complesso. Il terapeuta quindi in conclusione della terapia e durante la stessa dovrebbe porre l’accento anche su quelle emozioni caratterizzate da un’intensa attivazione fisiologica ed elevato arousal, che nulla abbiano a che fare con il panico come: gioia, rabbia, entusiasmo, felicità. Perché il processo non sia solo di desensibilizzazione, ma anche di sensibilizzazione. Il rischio in effetti è che il paziente renda solo più sofisticata la propria modalità di controllo di sé, del mondo e delle proprie emozioni.
Nel caso della TCC questo processo è ben intuibile: la persona non giunge ad una riorganizzazione differente del proprio modo di interpretare la realtà preoccupante, ma acquisisce capacità e strumenti per intervenire precocemente e in modo più funzionale.
Nella TBS, invece, il rischio è che la forza illusoria dell’esperienza terapeutica, venga con il tempo erosa dal desiderio di capire, controllare e di ri-analizzare le cose. Per quanto il “prestigio” sia forte, la persona dovrebbe acquisire anche il gusto per l’inspiegabile o una sana autoironia che permetta di sorridere senza per forza dover ricordare e ricontrollare il cambiamento. Il pericolo, infatti, è che senza voler dissacrare il mago, la persona riduca il cambiamento ad un periodo felice, ma insufficiente ad impedire il ritorno del panico.

Identità e persona

Lavorare con la persona e per la persona torna quindi fondamentale. Riprendono piede (anche in alcune ricerche scientifiche) quelle terapie a respiro più ampio che postulano che vi sia una complessità più ampia che generi poi anche l’Attacco e il Disturbo di Panico. Teorie dinamiche, sistemiche, costruttiviste, olistiche e narrative, che promuovono in modo più esplicito un cambiamento globale della persona, si dimostrano utili in queste situazioni dove guarire dal Panico non basta.
Laddove l’epistemologia e la coerenza scientifica lo permettano, molti terapeuti trovano utile affiancare al termine di un protocollo di TCC o di TBS un breve percorso rivolto complessivamente alla persona.